è a rischio di estinzione, troppe catene, troppi semilavorati e troppa improvvisazione
Nonostante la crisi
economica e finanziaria degli ultimi anni, in Italia il numero
di gelaterie è in crescita. Da quando ha preso piede l’idea
del gelato come business, favorita dal fenomeno Grom, si è
registrato un fiorire di catene in franchising, che spesso però
nascondono una scarsa attenzione alla “cultura” del
prodotto, oppure una “re-interpretazione” da parte
dell’industria un prodotto artigianale.
Alla fine risulta difficile distinguere i
professionisti “veri” dai negozi e dalle catene che di
artigianale hanno solo la facciata. La legge non aiuta perchè
nel nostro Paese, famoso in tutto il mondo anche per questo
prodotto gastronomico, non esiste un disciplinare accettato e
condiviso su cosa deve essere un cono artigianale. Mentre ciò
accade, le associazioni di categoria da tempo non rappresentano
che loro stesse, e l’industria dei semilavorati prospera e i
gusti si appiattiscono.
Chi ci rimette
sono i consumatori che non sanno più distinguere tra un gelato
artigianale ed uno che lo “imita”. Il mercato è diviso in
due grandi schieramenti, il 90% (e forse di più) delle
gelaterie utilizza semilavorati e prodotti ad alta grammatura
per preparare gelati belli, stabili e colorati. Dall’altra
parte c’è un’esigua minoranza di Artigiani (con la A
maiuscola) che cerca di proporre un prodotto tradizionale,
lavorando sulla creazione di ricette, utilizzando ingredienti
della filiera corta, freschi, di stagione, rinunciando a
gonfiare e colorare il prodotto per renderlo più bello in
vaschetta. Questi personaggi sono considerati “estremisti”
o “integralisti”, perché vogliono essere indipendenti da
un’industria che cerca di omologare il gusto.